domenica 31 maggio 2015

L'osservazione delle stelle

Fin dalla più remota antichità era evidente agli uomini la differenza tra i pianeti - che mutano posizione relativa nella volta celeste e hanno una luce più ferma - e le stelle, dalla luce baluginante - la cui posizione relativa è apparentemente rigida.

Le stelle sembrano muoversi in modo rigido nel cielo perché sono lontanissime dalla Terra e i loro spostamenti relativi nello spazio diventano insignificanti rispetto alla loro distanza dalla Terra.


Una stella è un corpo sferico di grandi dimensioni costituito da gas ad alta temperatura, di cui il 70% è idrogeno, il 28% elio, mentre il resto è costituito da carbonio, azoto, ossigeno e altri elementi. All’interno della stella avvengono in modo continuo reazioni termonucleari di fusione, in cui l’idrogeno si trasforma in elio, generando una costante emissione di calore e raggi luminosi; il calore non arriva fino a noi, mentre le radiazioni luminose si propagano a una distanza molto maggiore. Le stelle visibili a occhio nudo dalla Terra, in condizioni ottimali, sono circa 6000. Tutte le stelle appaiono puntiformi, data la grande distanza dalla Terra, ad eccezione del Sole, che è la stella a noi più vicina.


Volta stellata su un altopiano



Le stelle non hanno tutte lo stesso colore. Lo studio del colore può essere condotto per mezzo di un fotometro munito di opportuni filtri colorati.



Per capire come vengono osservate le stelle dagli astronomi, occorre introdurre il concetto di spettro elettromagnetico, ovvero l’insieme delle radiazioni elettromagnetiche emesse da un corpo. Queste radiazioni si distribuiscono in base alla frequenza e alla lunghezza d’onda: quanto più elevata è la frequenza di un’onda elettromagnetica, tanto più piccola è la sua lunghezza d’onda e tanto maggiore è l’energia a essa associata.


Tipo di radiazione elettromagnetica, Frequenza, Lunghezza d'onda



La luce costituisce solo una piccola porzione dello spettro elettromagnetico e va dal viola al rosso. La zona delle lunghezze d’onda inferiori al viola comprende i raggi ultravioletti, i raggi X e i raggi gamma, mentre la zona delle lunghezze d’onda superiori al rosso comprende i raggi infrarossi, le microonde e le onde radio.


Le radiazioni elettromagnetiche possono essere analizzate dallo spettroscopio, uno strumento che scompone la luce emessa da un corpo nei suoli colori componenti, visualizzandone lo spettro. Un fascio di una luce emanato da un corpo, dopo aver attraversato una lente (detta collimatrice, ovvero in grado di rendere paralleli i raggi della sorgente luminosa) e dopo essere stato filtrato da una barriera opaca dotata di una fenditura, viene indirizzato verso un prisma. Il prisma rifrange i raggi, che grazie a una lente o a un sistema di lenti, colpiscono uno schermo o una lastra fotografica, visualizzando lo spettro, ovvero l’insieme dei colori che compongono il fascio luminoso (dal viola al rosso).



Gli spettri vengono comunemente classificati nel seguente modo.


  1. Spettro continuo. Un solido, un liquido o un gas molto denso, portati all’incandescenza, presentano uno spettro di emissione continuo, cioè emettono radiazioni a tutte le lunghezze d’onda. Lo spettro è privo di righe.
  2. Spettro di emissione. Un gas rarefatto incandescente possiede uno spettro di emissione a righe, ossia emette radiazioni soltanto a certe lunghezze d’onda, tipiche degli elementi o dei composti chimici presenti nel gas. Lo spettro presenta una serie di righe colorate su fondo scuro.
  3. Spettro di assorbimento. Un gas rarefatto, posto di fronte a una sorgente di radiazione continua avente temperatura più elevata, dà origine a uno spettro di assorbimento a righe, alle stesse lunghezze d’onda che esso mostra nello spettro di emissione. Lo spettro presenta delle righe nere sullo sfondo colorato.


Gli astronomi del XIX secolo scomponevano la luce e la osservavano semplicemente con l’occhio: lo strumento in tal caso era uno spettroscopio. Oggi si usa lo spettrografo, che registra la scomposizione della luce in funzione della lunghezza d’onda. 


Il nucleo della stella, ad elevata temperatura, emette uno spettro continuo, che viene assorbito dall’atmosfera stellare nelle bande caratteristiche degli elementi principali dell’atmosfera stellare. Ogni elemento o composto chimico presente nell’atmosfera di una stella assorbe delle righe di spettro, la cui posizione è fissa (lunghezza d’onda determinata). Dall’intensità di assorbimento di queste righe si può risalire all’abbondanza dei singoli elementi nell’atmosfera stellare. 

Le stelle più azzurre presentano nel loro spettro essenzialmente le righe dell’elio, quelle bianche dell’idrogeno, quelle gialle hanno uno spettro ricco di righe degli elementi di massa atomica superiore, nelle stelle rosse si affiancano bande molecolari dell’ossido di titanio, di zirconio e di carbonio. Tale sequenza è quella di stelle in ordine di temperatura decrescente. Le stelle azzurre hanno temperature elevatissime dell’ordine di varie decine di migliaia di gradi, le stelle rosse hanno una temperatura superficiale relativamente bassa di qualche migliaio di grado. 

Il fisico tedesco Wilhelm Wien (1864-1928) dimostrò che il massimo della radiazione irraggiata da un corpo cade in una lunghezza d’onda tanto più corta quanto più alta è la sua temperatura. Alle temperature basse che regnano nell’atmosfera di una stella di colore rosso possono esistere le molecole semplici che danno origine alle caratteristiche bande di queste stelle. A temperature più elevate, le molecole sono dissociate e si osservano solo righe atomiche. Per temperature ancora superiori gli atomi perdono alcuni elettroni trasformandosi in ioni, le cui righe più intense non cadono più nella regione ottica dello spettro.

Le stelle sono state suddivise in tipi spettrali distinti da lettere dell'alfabeto, in ordine di temperatura crescente: O B A F G K M. Per ricordare l'ordine di questa sequenza è stata coniata una frase rimasta famosa: "Oh, Be A Fine Girl, Kiss Me!" ("Oh, sii una ragazza gentile, baciami"). Ciascun tipo è stato poi suddiviso in sottotipi contraddistinti da una cifra da 0 a 9.

Lo schema sottostante raffigura le 7 tipologie di spettri stellari, contrassegnate convenzionalmente dalle 7 lettere alfabetiche.
  • Lo spettro O presenta righe dell'elio ionizzato e di altri elementi. Appartiene alle stelle blu, con temperatura di circa 22.000 °C.
  • Nello spettro B le righe dell'elio neutro sono molto intense. Tale spettro è tipico delle stelle bianco-blu, con temperatura di circa 14.000 °C.
  • Nello spettro A vi sono deboli righe dell'elio neutro e intense righe dell'idrogeno. E' lo spettro delle stelle bianche, con temperatura di circa 10.000 °C.
  • Lo spettro F è simile a quello A, ma con linee dell'idrogeno d'intensità minore e importanti linee del calcio ionizzato. Appartiene alle stelle bianco-gialle con temperatura di circa 6.700 °C.
  • Nello spettro G le righe dell'idrogeno sono molto deboli e le linee del calcio ionizzato molto intense. E' lo spettro delle stelle gialle, di cui il Sole fa parte, con temperatura di circa 5.500°C.
  • Nello spettro K le linee del calcio ionizzato si indeboliscono e si intensificano quelle del calcio neutro. Dominano le linee dei metalli neutri. E' lo spettro delle macchie solari e delle stelle gialle-gialle, con temperatura di circa 3.800 °C.
  • Lo spettro M presenta bande molecolari appartenenti a stelle rossastre, con temperatura di circa 1.800 °C.

Classificazione spettrale in tipi e sottotipi

Per poter conoscere la luminosità di una stella (cioè la quantità di energia emessa sotto forma di radiazione) si deve iniziare a misurare lo splendore apparente, ovvero l'intensità delle radiazioni visibili. Questa misura si esegue generalmente mediante un fotometro applicato a un telescopio. I fotometri, dotati di un rivelatore molto sensibile, quando sono raggiunti dalla luce, producono una corrente elettrica proporzionale all'intensità della luce ricevuta. Misurando l'intensità della corrente elettrica prodotta, si può determinare la luminosità di una stella.

Fotometro monocanale Thorn EMI GENCOM

Lo splendore apparente delle stelle e di altri oggetti celesti viene ancora oggi espresso in magnitudini apparenti (m), unità introdotta nel II secolo a.C. da Ipparco, che aveva classificato le stelle visibili a occhio nudo in 6 classi di grandezza in base alla loro luminosità apparente (magnitudo in latino), ponendo le stelle più luminose nella classe 1 e quelle appena visibili nella classe 6.

Ipparco di Nicea

Questa scala è stata estesa agli oggetti più brillanti del cielo (il Sole, i pianeti, la Luna) e agli oggetti invisibili a occhio nudo; le stelle al limite di visibilità per il grande occhio di 5 metri del telescopio di Monte Palomar hanno magnitudine 23. Quanto più elevato è il numero che esprime la magnitudine apparente, tanto più basso è il suo splendore; al limite opposto, la magnitudine apparente di oggetti più brillanti delle stelle, come Giove o Venere, assume valori negativi. Il Sole ha, ad esempio, magnitudine apparente pari a -26,86, la Luna piena ha m = -12,5 e Sirio, la stella più luminosa osservabile dalla Terra (e non visibile alla latitudine di Ipparco), ha m = -1,4.

A seconda del mezzo con cui vengono visti i corpi celesti, si ha la magnitudine visuale (mv), la magnitudine fotografica (mpg) e la magnitudine fotoelettrica (mph).

Esiste, poi, la magnitudine assoluta che esprime la magnitudine che avrebbero le stelle se fossero portate tutte alla stessa distanza dalla Terra, pari a 10 parsec (ovvero 300.860 miliardi di chilometri).

Le luce della stella a noi più vicina, la Proxima Centauri, distante 40.690 miliardi di chilometri dalla Terra, impiega 4,3 anni per raggiungerci.

Immagine fotografica di Proxima Centauri

Come si misurano le distanze stellari? La misura delle distanze stellari più vicine si esegue utilizzando un metodo trigonometrico detto "della parallasse". Ciò che si misura è l'angolo al vertice di un triangolo di base nota.

Per misurare la distanza della Luna basta scegliere due località sufficientemente distanti sul globo terrestre.

Misura della distanza della Luna dalla Terra. Un osservatore O1 misura l'angolo beta1 tra l'orizzonte e la direzione visiva della Luna. Contemporaneamente l'osservatore O2 misura beta2, da cui si desume il valore dell'angolo al vertice alfa. Nota la distanza tra i due osservatori, si desume la distanza della Luna dalla Terra.

Per misurare le distanze stellari si sfrutta il moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole. Compiendo le misurazioni a sei mesi di distanza, la base del triangolo diventa il diametro dell'orbita terrestre.

Misura di parallasse, ottenuta osservando lo stesso oggetto a distanza di 6 mesi (da punti opposti dell'orbita terrestre) e confrontandone la posizione con oggetti molto più lontani sullo sfondo.

Qual'è l'unità di misura adeguata per scandagliare lo spazio?
  • L'unità astronomica (UA) corrisponde alla distanza media tra il Sole e la Terra ed equivale a 149.000.000 km. Si presta alle misure all'interno del Sistema Solare.
  • L'anno luce (AL) è la distanza che la luce percorre in un anno. La velocità con cui si sposta una radiazione elettromagnetica (compresa la luce) è pari a c = 299.792.500 m/s, ovvero a circa 300.000 chilometri al secondo. Moltiplicando questo valore per il numero di secondi che costituiscono un anno astronomico (31.556.926 secondi), si ottiene il valore dell'anno luce AL = 9.460.500.000.000 km, ovvero 9.461 miliardi di chilometri, o ancora 63.493 UA.  
  • Il parsec è la distanza che deve avere un oggetto affinché il triangolo di base uguale alla distanza media tra la Terra e il Sole abbia un angolo di parallasse di un secondo di arco (par-allasse di un sec-ondo). Un parsec equivale a 30.086 miliardi di chilometri, 205.993 UA e 3.258 AL. Per le distanze interstellari è l'unità di misura preferita dagli astronomi, di cui utilizzano anche i multipli: il chiloparsec (pari a 1.000 parsec) e il megaparsec (pari a 1.000.000 parsec). 

Schematizzazione del parsec

Nota la distanza di una stella, diventa possibile introdurre le magnitudini assolute che, si ricorda, sono le magnitudini che avrebbero le stelle se fossero portate tutte alla distanza fissa di 10 parsec (32,6 anni luce). Se potessimo realizzare in pratica questa esperienza, dovremmo ridurre la volta celeste a una grande sfera di raggio 32,6 anni luce e sistemare sulla superficie di questa le stelle, che verrebbero così a trovarsi tutte alla medesima distanza dalla Terra.

Il valore della gravità superficiale di una stella è funzione della pressione che regna nella sua atmosfera ed è espresso dalla classe di luminosità, indicata mediante un numero romano, che segue la lettera del tipo spettrale e il numero del sottotipo spettrale. Il numero romano I è tipico delle stelle supergiganti ad atmosfera molto estesa e rarefatta. Il numero romano V viene utilizzato per le stelle cosiddette nane, per le quali il valore della gravità superficiale è parecchie centinaia di volte superiore a quello delle supergiganti.

All'inizio del XX secolo gli astronomi Ejnar Hertzsprung (1873-1967), danese, e Henry N. Russel (1877-1957), statunitense, proposero il diagramma che illustra la relazione tra la temperatura e la luminosità delle stelle. Questo diagramma è noto come diagramma di Hertsprung-Russel o, più semplicemente, come diagramma HR.

Riportando su un grafico la luminosità delle stelle in funzione della loro temperatura, si osserva che la maggior parte di esse si dispone lungo una linea che attraversa diagonalmente il diagramma e che prende il nome di sequenza principale o sequenza delle stelle nane.

Le stelle più calde hanno una luminosità circa 100 milioni di volte superiore alle stelle rosse di bassa temperatura.

Il diagramma comprende altre zone di concentrazione stellare e più precisamente le zone delle stelle di bassa temperatura e alta luminosità, che formano la sequenza delle stelle giganti e la sequenza delle stelle supergiganti rosse.

Vi è poi la zona delle stelle di alta temperatura e bassa luminosità, che rappresenta la piccola sequenza delle stelle nane bianche, situato in basso a sinistra del diagramma.

Il Diagramma HR. Sulle ascisse è riportata la temperatura in gradi Kelvin (1K = -272,15°C), sulle ordinate è riportata la luminosità in Unità solari (1Us = luminosità del Sole). Le rette in diagonale riportano la dimensione del raggio delle stelle in Raggio solare (1Rs = Raggio del Sole). Nel diagramma è evidenziata la SEQUENZA PRINCIPALE (MAIN SEQUENCE), la SEQUENZA DELLE STELLE GIGANTI (GIANTS), la SEQUENZA DELLE STELLE SUPERGIGANTI (SUPERGIATS) e la SEQUENZA DELLE STELLE NANE BIANCHE (WHITE DWARFS). 

Il diagramma HR ha una grande valenza applicativa. Infatti, una volta eseguita l'analisi spettroscopica di una stella troppo lontana per poterne misurare l'angolo di parallasse e una volta collocata tale stella sul diagramma HR, si esegue la differenza tra la magnitudine assoluta del diagramma e quella apparente misurata. Dalla differenza si desume, in modo indiretto, la distanza della stella dalla Terra. La misura della distanza così ottenuta prende il nome di parallasse spettroscopica.

La supergigante è una stella la cui magnitudine è molto superiore a quella delle stelle giganti e nane. Le supergiganti, pur avendo dimensioni centinaia o migliaia di volte superiori a quelle del Sole, hanno una massa solo dieci volte più grande del Sole.

La gigante rossa è una stella di grande raggio (dieci volte quello del Sole) e di temperatura superficiale bassa (che genera il colore rosso); rappresenta la stadio finale dell'evoluzione di una stella di massa simile a quella del Sole.

La stella nana può essere rossa, più piccola del Sole, molto fredda e poco luminosa, oppure può essere bianca, molto compatta e calda, priva di reazioni nucleari, oppure ancora bruna, costituita da una scura e fredda sfera di carbonio e ossigeno solidi. Il Sole è una stella nana.

La stella di neutroni è estremamente compatta, di raggio pari a poche decine di chilometri ma di massa superiore a quella del Sole. Non emette luce.

La stella variabile è chiamata così per via del cambiamento periodico e regolare della sua luminosità. Può essere variabile intrinseca, pulsante e in grado di aumentare e diminuire il proprio raggio. Può essere variabile a eclisse, ovvero un sistema binario di stelle, in cui si eclissano vicendevolmente in maniera ciclica, variando la luminosità complessiva.

Sequenza comparativa della dimensione di alcuni tipi di stelle

La nova è una stella che aumenta in modo violento la propria luminosità, probabilmente perché riceve un flusso di gas dalla stella compagna di un sistema binario, con innesco di reazioni nucleari locali.

Rappresentazione pittorica d'un sistema binario con una stella gigante rossa alla quale una stella di neutroni compagna "strappa" materia dagli strati superficiali. Questa materia precipita lungo un percorso a spirale sino sulla superficie della stella di neutroni. Quando la materia (idrogeno) che precipita sulla stella di neutroni, raggiunge uno spessore compreso tra i 5 e i 10 metri, la fortissima pressione esercitata su questo gas dalla stella collassata ne provoca l'accensione termonucleare, facendo fondere 4 atomi di idrogeno in uno di elio e producendo energia in eccesso. L'energia prodotta sulla superficie della stella di neutroni è così tanta che si verifica uno scoppio colossale, il quale dura solitamente da alcuni secondi ad alcuni minuti, durante i quali la luminosità della stella di neutroni aumenta tanto (si verifica una condizione di "stella nova"). Se la situazione è ripresentabile dopo un certo lasso di tempo, la stella di neutroni sarà una "nova ricorrente".

La supernova è una stella di grande massa che esplode, generando un aumento di luminosità fino a valori pari a un miliardo di volte superiori alla luminosità del Sole.



  









venerdì 1 maggio 2015

L’astronomia

L’astronomia è la scienza che studia l’universo che ci circonda.



Inizialmente le osservazioni dell’universo erano esclusivamente a occhio nudo ed erano inevitabilmente limitate.

Cielo stellato

A partire dall’introduzione di Galileo dell’uso del cannocchiale, la precisione delle osservazioni e delle misure è aumentata. 

Il cannocchiale di Galielo

Solo con l’accoppiamento del cannocchiale allo spettroscopio, alla fine del XIX secolo, inizia l’indagine sistematica sulla costituzione fisica delle stelle e prende l’avvio il rapido sviluppo dell’astrofisica.

Successivamente, lo studio della composizione chimica degli astri ha confermato la presenza, in ogni corpo dell’universo, degli stessi elementi chimici presenti sulla Terra.

Le tecniche radar e radio, sviluppatesi per scopi bellici durante la seconda guerra mondiale, applicate in modo sistematico al campo astronomico, hanno consentito l’avvio degli studi radioastronomici, che hanno permesso di scandagliare regioni celesti da cui non possiamo raccogliere radiazioni nel campo delle lunghezze d’onda ottiche.

Con l’avvento di palloni, razzi e satelliti si è potuta superare la pesante limitazione imposta alle osservazioni dal suolo dall’assorbimento dell’atmosfera terrestre, che costituisce un grosso ostacolo per l’astronomo, in quanto impedisce l’analisi di una banda notevole dello spettro elettromagnetico.

Sono nate nuove branche dell’astronomia come la radioastronomia o l’astrofisica delle alte energie.


Antenna da 32 m del radiotelescopio di Noto

L’astronomo moderno si serve più di un calcolatore elettronico che di un telescopio. Tuttavia, fino a che le osservazioni astronomiche potevano avvenire solo con strumenti ottici analogici, gli astronomi dovevano recarsi negli osservatori astronomici.


Telescopio Zeiss di Merate

A partire dal XVIII secolo, allorquando si cominciò ad avvertire l’esigenza di affiancare gli studi sperimentali alle ricerche teoriche, iniziarono a sorgere osservatori a fianco di istituti di cultura (università, collegi, scuole nautiche). Il numero degli osservatori crebbe notevolmente nei due secoli successivi e, verso la fine del XIX secolo, l’Europa contava un’ottantina di tali istituti, destinati a crescere ulteriormente nei decenni successivi. Inoltre, a partire dalla metà dell’Ottocento, acquistarono particolarmente importanza i grandi osservatori sorti negli Stati Uniti.

L'osservatorio astronomico del Pic du Midi (Pirenei)

Quando, per specifiche ricerche, ci si rese conto che alcuni osservatori, anche famosi, si trovavano in condizioni sfavorevoli, in base ad accordi reciproci tra due o più stati, la base osservativa di un determinato osservatorio iniziò ad essere installata in una regione climaticamente favorevole, indipendentemente dalla sua ubicazione geografica rispetto all’osservatorio, dove le osservazioni vengono poi ridotte ed elaborate. 

L’ubicazione di una base osservativa è condizionata dalla necessità di ridurre al minimo la limitazione imposta, per le osservazioni dal suolo, dalla presenza dell’atmosfera terrestre. I nuovi osservatori sorgono ad altitudine elevata, dove può accadere che le condizioni climatiche, ottime dal punto di vista dell’astronomia ottica, non permettano lunghi soggiorni all’uomo.

Un’altra necessità del moderno ricercatore è quella di compiere osservazioni simultanee di uno stesso oggetto con diversi strumenti.

Un osservatorio solare, poi, è generalmente posto in località diversa da quella prescelta per un osservatorio destinato a osservazioni notturne.

Osservatorio solare del Kitt Peak

Gli osservatori radioastronomici sono situati in località pianeggianti, il più lontano possibile dalle montagne, che costituirebbero uno schermo, e in zone disabitate, per evitare i disturbi causati dall’inquinamento elettromagnetico e dell’atmosfera, che altererebbero le osservazioni.

Nel deserto cileno di Atacama, tra i siti più remoti della Terra, il più grande osservatorio radioastronomico del mondo: ALMA